Dopo giorni di non-notizie facciamo il punto sulla trattativa in atto
Turi: superare la diffidenza di quelli che non siedono al tavolo
Inutile e dannoso fare anticipazioni su materie così delicate e complesse. Riportare alla contrattazione le materie sottratte dalla legge non è impresa facile e ci vuole il tempo giusto di maturazione.
E’ davvero singolare vedere i comunicati stampa di altri soggetti sindacali che non essendo al tavolo della trattativa, immaginano ed anticipano le scelte contrattuali.
Evidentemente non sanno come si svolgono le trattative per il rinnovo di un contratto complicato per il solo fatto che è fermo da dieci anni.
E’ bene che si sappia che su questo rinnovo, i sindacati confederali stanno lavorando da anni, prima sottoscrivendo l’accordo con il Governo, poi per attuarlo e creare le condizioni per riprendere le trattative. Non da ultimo per inserire risorse nella Legge di Bilancio.
Un lavoro difficile che surroga e supera la volontà dei governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni, e che mira a sostituire le leggi con il contratto.
Si tratta di una inversione di tendenza politica che non è certo facile: trasformare le leggi, in norme contrattuali, quando il paese è nel bel mezzo di una crisi finanziaria che colpisce i lavoratori, oltre che in una campagna elettorale che non aiuta.
Riportare alla contrattazione le materie sottratte dalla legge non è impresa facile e ci vuole il tempo giusto di maturazione.
Un tempo che si articola in una negoziazione che ha tempi e procedure, relazioni complicate in rapporto alle difficoltà che sono oggettive.
Il contratto va chiuso presto, ma bene.
Al momento mancano le risposte che i sindacati hanno posto per la definizione del contratto:
relazioni sindacali, sanzioni disciplinari, utilizzo e contrattazione dei 200 milioni della 107.
Solo da quelle risposte dipende la chiusura del contratto.
Resta il fatto che il continuo e morboso commento a situazioni di cui non si ha contezza, non aiuta certo ad avere le risposte dal Governo che spera sempre in un indebolimento della parte sindacale per alzare continuamente le richieste di parte datoriale.
In un contratto è naturale che le parti tendano ad affermare le loro posizioni.
Si chiude solo se i diversi ed opposti interessi trovano un punto di incontro.
Bene, il punto di incontro che troveremo è quello di un contratto che non riduca i diritti e (ri)dia dignità al lavoro nella scuola che va ben oltre gli aspetti economici.
Certo però, dire che il contratto la gente lo rifiuta, che è un contratto farsa e subito dopo dire che la firma del contratto è fatta per riscuotere tessere e voti alle RSU, lascia perplessi.
Non è che qualcuno comincia a preoccuparsi che si possa trattare di un buon contratto?
E arriviamo alla cronaca di questi giorni: la definizione di buon contratto è per noi, il migliore nella situazione data, situazione che tutti riconoscono difficile.
Ovviamente se le risposte saranno deludenti, non firmeremo il contratto e solo allora dovremo mobilitare la categoria che vuole da noi, non proteste e scioperi ma soluzioni concrete.
E’ proprio per questo che stiamo lavorando.