Per quanto riguarda gli aspetti politici, ancora una volta, ci siamo trovati a discutere di situazioni e argomenti già decisi e inviati alle scuole.
È grave il fatto che su argomenti così delicati, che hanno ricadute sulla formazione dei ragazzi e sugli organici, non si sia sentita l’esigenza di convocare le organizzazioni sindacali.
Il problema della mancanza delle relazioni sindacali resta tutto intero, così come si è venuto delineando negli ultimi mesi.
Rispetto ai contenuti del decreto, si fa un salto indietro rispetto ai diritti consolidati dei ragazzi che vengono messi in discussione.
Un decreto che trasuda “legge 107” da tutte le parti.
La forza politica di riferimento del ministro avversava, così come noi, la legge 107. Oggi la applica.
Noi non abbiamo cambiato idea, anzi abbiamo cercato di cambiare la legge in tutti i modi.
Nel provvedimento si richiama la “corresponsabilità educativa” del consiglio di classe e nello stesso tempo questo principio viene minato alle fondamenta.
Si parla di diversa modulazione nell’attribuzione delle risorse, della necessità di valorizzare tutte le professionalità presenti nella scuola, di rottura del rapporto sinallagmatico tra gravità dell’handicap e rapporto 1 a 1, di risorse professionali interne alla classe per compensare la gravità.
Dietro un linguaggio forbito si nasconde il taglio degli organici in un settore che rappresenta il fiore all’occhiello dell’Italia nel mondo, riducendo così il diritto allo studio di questi ragazzi.
La chiave di lettura vera la troviamo all’interno della relazione tecnica alla legge di bilancio dove da una parte si sbandierano 25.000 nomine in ruolo per i prossimi tre anni ma nello stesso tempo non si dice che avremo una riduzione in organico di diritto da subito di 1.800 posti e in futuro una riduzione di ulteriori 5.000 posti l’anno.
Tutto questo porterà ad un risparmio per l’amministrazione di 180 milioni l’anno sulla pelle dei ragazzi con disabilità e delle loro famiglie.
Altro elemento di criticità sta nel fatto che nel provvedimento per l’alunno disabile della scuola secondaria si prevede la possibilità di “esonero da alcune discipline di studio”, le linee guida parlano di sostituzione di tali discipline con attività alternative, senza però chiarire dove e con chi va l’alunno.
Non si può correre il rischio di tornare alle classi differenziali ante legge 118/71.
Il decreto legge, le linee guida e i modelli di PEI ripropongono, poi, l’annoso problema delle mansioni dei collaboratori scolastici in riferimento all’inclusione.
Occorre chiarire una volta per tutte che i collaboratori scolastici svolgono il loro ruolo secondo un mansionario già ben definito dal contratto, il personale non può esercitare mansioni che richiedano preparazione specialistica.
Il collaboratore scolastico non si può, quindi, sostituire all’assistente materiale incaricato dagli enti locali.
Si introduce anche, in modo surrettizio, la formazione obbligatoria non tenendo conto degli articoli 22 e 64 del CCNL dove si stabilisce in modo chiaro che: la formazione è un diritto e non un obbligo, si contrattano a livello nazionale i criteri di ripartizione delle risorse finalizzate.
Non è possibile obbligare un docente che ha superato il concorso per insegnare una materia specifica ad insegnare sostegno.
Il decreto legislativo 66/17 è una norma approvata prima della diffusione del COVID.
Oggi con la pandemia la politica dei tagli deve lasciare spazio alla politica degli investimenti, anche attraverso l’uso delle risorse del fondo europeo.
Investimenti reali e non solo dichiarati a chiacchiere.
Non è possibile che questo governo assegni 70 milioni alle scuole paritarie dietro la foglia di fico dell’integrazione e, nello stesso tempo, tagli 180 milioni l’anno alla scuola statale, dove si fa la vera integrazione.
C’è qualcosa che non va. Un vero e proprio regalo incostituzionale. Rilanceremo la nostra iniziativa in sede di Recovery Fund chiedendo di garantire l’attuale offerta formativa.