Turi: la nostra è battaglia culturale. Non dobbiamo avere paura di stare fuori dal coro.
“Non siate timidi. C’è un grandissimo bisogno di sindacato in un momento come questo, difficilissimo. Ci vogliono soli, in un disperato individualismo. Noi rappresentiamo e diamo voce a un pezzo di società che non ce la fa più”.
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E’ un intervento interamente basato sul modello di sindacato – libero, democratico, pluralista – e sul modello di scuola – laica, statale, inclusiva, basata sulla Costituzione – quello di Pino Turi, questa mattina all’attivo dei quadri e delegati del Pubblico impiego a Roma.
Due i pericoli in atto: le spinte verso la privatizzazione del sistema di istruzione e i tentativi, non sopiti, di regionalizzazione.
“Un paradosso – ha detto Turi – si vogliono dare i soldi ai poveri per frequentare le scuole dei ricchi.
Intanto è proprio la distinzione che non regge. Perché scuola dei ricchi e scuole dei poveri? Scherziamo?
La nostra costituzione garantisce a tutti il diritto ad una istruzione di qualità.
E la scuola di tutti che va sostenuta e finanziata. Non le scuole d’élite con i soldi pubblici.
Nella stessa ottica in cui si muovono anche i fautori della regionalizzazione – ha aggiunto Turi.
Anche in questo caso è sbagliato l’assunto di partenza: la scuola non è un servizio e gli studenti, le famiglie non sono utenti. L’istruzione è funzione dello Stato, e deve essere garantita in tutto il paese attraverso le scuole statali che sono istituti di eccellenza – anche l’astronauta Palmisano ha studiato nelle scuole pubbliche calabresi, ha detto Turi.
Per anni ci hanno ripetuto che meno stato e più mercato ci avrebbero resi più ricchi.
Oggi si vede come la ricetta neo liberista non abbia funzionato – ha sottolineato il segretario generale della Uil Scuola.
Siamo tutti più poveri, non solo economicamente ma in termini di democrazia.
Abbiamo ereditato una scuola capace di includere. Si parla molto di asset strategici. Che cosa è più strategico di scuola, università, ricerca? Andando all’estremo si può dire perfino che l’acciaio all’estero si può comprare, la cultura no. La sovranità parte dalla cultura di un popolo.
Non dobbiamo avere paura di stare fuori dal coro – ha ribadito Turi. La nostra è una battaglia culturale.
Questo Governo non ha un modello di scuola, un modello di società. Noi sì. Dobbiamo parlare con le persone per rappresentarlo.
Il pubblico impiego rappresenta lo Stato che non fa sentire solo il cittadino. Non siamo alla legge della giungla. Chi è più forte sopravvive e chi è più debole soggiace. La scuola fa esattamente il contrario, rafforza i più deboli. Se nella scuola non c’è spirito critico, non ci sarà un cittadino. Bisogna introdurre nella scuola una cultura di pace, di libertà e non una cultura di guerra, ognuno per sé.