Turi: gli insegnanti choosy? Sono abituati a spostarsi da anni
Uil: Riprendere il dialogo, risolvere i problemi
Non un muro contro muro con il Governo ma un momento importante di riflessione sulle criticità e i limiti di fattibilità dei provvedimenti in atto nella scuola. Gli errori della legge 107 sono stati più volte rappresentate nelle – ahimè – poche occasioni di confronto e i primi provvedimenti attuativi i cui effetti negativi sotto gli occhi di tutti :
Un pasticcio insomma che merita un’attenta riflessione – ha detto Pino Turi, nel suo intervento dal palco del Teatro Quirino a Roma dove si è svolta la manifestazione dedicata alle Rsu delle scuole italiane -.
Come Uil Scuola, insieme agli altri sindacati, ci stiamo impegnando per mettere in evidenza e porre rimedio agli errori, conseguenza di scelte fatte senza confronto, contro i lavoratori che sono oggi dimenticati ed addirittura ostaggio di un sistema che si sta rivelando, come avevamo preannunciato, inefficace e profondamente ingiusto.
Serve certamente riprendere il dialogo e serve il confronto – ha detto ancora Turi – l’annuncio da parte del ministro della convocazione, il 23 settembre, è un fatto positivo. Lo ripetiamo da tempo, i nodi irrisolti della legge sono quelli legati alla gestione politica delle decisioni, non quella tecnica che può avere il compito solo di trovare strumenti e mezzi per realizzare le scelte politiche.
Il Governo è chiamato ad una profonda riflessione: gli errori non si difendono e non si nascondono con la propaganda, li si affronta nel merito e si deve avere l’umiltà di ammetterli quando sono ormai palesi ed indifendibili. Se si comincia a discutere senza pregiudizi e concretamente nel merito è positivo. E’ un punto di partenza per poi trovare le soluzioni.
Se c’è una dote che non fa difetto ai lavoratori della scuola e a chi li rappresenta è il senso di responsabilità: ci sono precari che hanno visto reiterati i loro contratti, per anni. Insegnanti con la valigia, trasferiti da una provincia all’altra, da una scuola all’altra. Insegnanti responsabili che hanno ricominciato ogni volta in nuove classi con la stessa passione, la stessa serietà e professionalità.
Colpevolizzare i docenti di essere “choosy”, quando è l’unica categoria di lavoratori pubblici e privati che è soggetta, da sempre, e con contrattazione sindacale, ad una mobilità annuale anche di centinaia di chilometri, nell’ambito di un’intera provincia (che ad esempio a Roma è di 300-400 chilometri) tutti senza alcuna supporto economico e a spese private, oltre che ingiusto si rileverà un boomerang per chi lo utilizza.
Non si dica che non c’è volontà, disponibilità a spostarsi. Non siamo in presenza di una logica aziendale. Se l’azienda va in crisi, de localizza e il personale deve spostarsi. Si sta parlando di istruzione, funzione dello Stato. Bene primario che non attraversa crisi se non quella provocata dalla confusione di leggi pasticciate.
Perché non sono stati utilizzati i docenti per le supplenze nei luoghi di residenza e non nelle sedi a cui sono state assegnate visto che si sono opportunità lavorative in loco?
Manca una seria programmazione, capacità di gestione per un sistema complesso come quello della scuola.
Gli insegnanti sono fuori da logiche aziendali. Le scuole sono in tutto il territorio nazionale. Piuttosto che trasferire un insegnante da Pesaro a Trapani, o da Catania a Roma per poi chiamare sui posti rimasti liberi ancora supplenti si potevano fare le assunzioni lì dove sono possibili, diluendo il piano in tre anni. Lo stesso tempo previsto perché vada a regime la legge 107/2015.
Quel che gli insegnanti non riescono a mandar giù non è lo solo lo spostamento, ma il metodo utilizzato. La modalità con la quale lo Stato, loro datore di lavoro, ha organizzato le tanto attese assunzioni, che non sono state ‘benevolmente concesse’ ma che fanno parte della risposta complessiva alla questione del precariato la cui situazione è stata sanzionata dalla Corte Europea.
Non parliamo più, per favore, di ‘deportazione’ – ha detto Pino Turi – termine che i sindacati non hanno usato mai. A farlo lo scorso 21 luglio è stato per primo il Codacons e poi da allora, non a memoria ma rileggendo i lanci delle agenzie, sette volte il ministro e altrettante il sottosegretario Faraone. Ultimo in ordine di tempo si è cimentato il presidente del Consiglio.
Analoghi pasticci si presenteranno per altre scelte della legge 107 sulla scuola, come quella della chiamata diretta dei docenti da parte del dirigente scolastico che oltre che ridurre e mortificare gli elementi di libertà e pluralismo culturale della scuola, saranno di difficile se non impossibile attuazione, proprio come è stato per il piano di assunzioni.
A fenomeni complessi, non si possono dare risposte semplicistiche, peraltro viziate da pregiudizi ideologici, come quello della valutazione che si presenta a dir poco schizofrenica: da un lato studenti e famiglie valutano gli insegnanti, pensando così di dare risposte all’autonomia scolastica; dall’altro, con logica opposta i dirigenti si valutano attraverso un apposito organismo di “ispettori” improvvisati e funzionari amministrativi che nulla hanno a che fare con la scuola e il contesto in cui si opera. Sono ipotesi inconciliabili.
Si profila una gestione della legge 107 che si sposta dal ministero nelle aule di tribunale, nelle mani dei giudici. Altro che esaltazione dell’autonomia del merito.
Ora si possono fare due cose semplici: porre rimedio agli errori contenuti nella legge. E se il Governo ci darà ascolto, già nella riunione fissata con il ministro, porteremo la nostra disponibilità e le nostre proposte. La seconda è l’avvio di una nuova stagione di contratti, che siano davvero innovativi, attraverso i quali riconoscere le professionalità e dare riconoscimento alla centralità del lavoro che si fa in classe e nelle scuole.