Il livello di civiltà di una nazione si misura proprio dalle misure di tutela che è in grado di mettere in atto e dal pieno riconoscimento dei diritti universali che, non possono in nessun modo degradare in un contesto di assuefazione, come quello della violenza sulle donne che risulta inaccettabile.
La situazione delle donne non può, in nessun modo, essere vista come condizione di debolezza, né deve rappresentare una condizione di svantaggio sociale, culturale o lavorativo. Ogni forma di divario va superata con la partecipazione e la democrazia.
A tal fine, la scuola è il luogo ideale, la sede dell’emancipazione sociale, culturale ed economica.
Ritornare ad aprire le scuole deve essere l’impegno principale di tutti.
Non un semplice spot, però ma un’apertura capace di durare, per fare scuola.
La frammentazione operativa rischia di aggravare ancora le conseguenze di una situazione già difficile.
Dobbiamo evitare in ogni modo che siano le donne a pagare i disservizi in un paese ancora indietro in una sfida che è soprattutto culturale.
Una svolta che solo una scuola attiva e funzionante, al pieno delle sue potenzialità, può realizzare
Per questo servono decisioni coraggiose e lungimiranti.
Le celebrazioni servono solo se i decisori politici ed istituzionali passano dalle (belle) parole ai fatti (ancora inconcludenti).